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Serve la visita neurologica quando si soffre di insonnia?

L’insonnia è una condizione non patologica che consiste in un reiterato disturbo del sonno che comporta difficoltà di addormentamento e l’alterazione del ciclo sonno – veglia. La privazione del sonno rappresenta una grave mancanza nell’organismo, tant’è che in determinati soggetti, ha un influenza così negativa sulla persona e sulle attività quotidiane, che ben presto chiedono l’aiuto di un neurologo per risolvere.

Caratteristica peculiare del soggetto affetto da questo disturbo è la discontinuità del sonno e la bassa qualità del suo riposo: la maggior parte dei casi tende a manifestare questa condizione in risposta ad una primaria condizione di malessere che la determina.
Esistono due categorie con le quali si è soliti classificare l’insonnia: si definisce insonnia temporanea quella prolungata nel tempo ma dipendente da una condizione fisica o mentale non permanente. Si parla di insonnia temporanea quando il soggetto patisce una scarsa qualità del sonno causata da fattori momentanei come una condizione di dolore fisico o di particolare stress psicologico. L’insonnia temporanea, detta anche primaria, insorge solitamente tra i 15 ed i 30 anni e tende a divenire cronica se non opportunamente curata.
L’insonnia secondaria propone un quadro clinico chiaramente influenzato da disturbi psichiatrici, dall’uso di farmaci, alcol e sostanze psicoattive o da pregresse cause organiche.
Tutti i tipi di insonnia richiedono un periodo minimo di almeno un mese di disturbi prima di essere riconosciute e classificate. In questo senso la visita neurologica rappresenta uno strumento di enorme importanza per ottenere una diagnosi tempestiva ed efficace e, di conseguenza, per attuare in maniera immediata tutte le contromisure utili ad arginare o risolvere il problema.

Insonnia: le cause principali

L’insonnia primaria non è di per sé un aspetto indicativo o collaterale di una condizione patologica: un soggetto può essere naturalmente incline a veder alterata la qualità del proprio sonno in conseguenza ad eventi stressanti o dolorosi in grado di influenzarla. Di solito questa condizione tende a venire meno nel momento in cui la causa scatenante viene risolta.
L’insonnia secondaria è, invece, direttamente connessa ad una seconda causa, ha una durata tendenzialmente molto estesa e può essere causata da malattie, stress, problemi intestinali, apnea e ictus. Questa condizione può altresì connettersi a condizioni fisiologiche particolari, come menopausa e gravidanza e uso o abuso di particolari farmaci e di sostanze come alcol e tabacco.
Naturalmente anche condizioni esterne, come problemi connessi all’ambiente di riposo (rumore, luce, scomodità del letto), possono avere un peso notevole sulla qualità del sonno.

Come si manifesta l’insonnia?

Tra i sintomi connessi al manifestarsi dell’insonnia quello più evidente è la particolare lunghezza del tempo necessario per addormentarsi: si tende a definire lunga una fase di addormentamento che dura più di 30 minuti. Il soggetto affetto da insonnia tende a svegliarsi più volte durante la notte e riscontra difficoltà notevoli per abbandonare la fase di veglia. Comuni a buona parte dei soggetti sono anche un continuo senso di stanchezza, che si palesa soprattutto durante il giorno, gli sbalzi d’umore ed una reiterata sensazione di sonnolenza.

Come può aiutare il neurologo?

La visita neurologica può aiutare a identificare anzitempo le cause che determinano l’insonnia, consentendo così al medico di attuare una terapia efficace in grado di agire direttamente alla radice del problema.
Si può contattare un neurologo dopo aver sofferto di insonnia cronica (quindi almeno per tre mesi): bisognerà portare un “diario del sonno” per un arco temporale di almeno due settimane, in cui saranno registrate le ore di sonno, gli orari di quando si va a dormire o ci si sveglia, le ore svegli e tutti i dettagli necessari.
Nel caso, il medico neurologo, potrà consigliare al soggetto ulteriori visite specialistiche per determinare la presenza o meno della patologia, o per comprendere meglio l’effettivo quadro clinico.